La giornata mondiale del benessere sessuale è stata istituita dieci anni fa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità il 4 settembre, occasione importante per fare chiarezza su alcuni aspetti.
Cosa si intende per benessere sessuale?
Avere una salute sessuale ottimale implica soprattutto avere una visione positiva e rispettosa della sessualità e delle relazioni sessuali. Questo permette innanzitutto di liberarsi da coercizioni, discriminazioni e violenze e quindi vivere esperienze piacevoli e sicure. Sempre secondo l’OMS, il raggiungimento del benessere sessuale è legato fortemente all’accesso ad informazioni comprensibili e affidabili sul sesso e la sessualità, conoscenze sui possibili rischi del sesso non protetto e vivere in un ambiente che promuove il benessere sessuale.
Un dato rilevante che emerge in questi giorni si riferisce alla difficoltà a parlare apertamente di problemi di natura sessuale con il proprio medico: un terzo delle persone intervistate dichiara infatti di sentirsi in imbarazzo. Molto probabilmente tra i fattori che contribuiscono ad alimentare il tabù sulla sessualità vi è quello del contesto familiare in cui si cresce: evitare di parlarne, associare il sesso a qualcosa di sporco, fare leva su sensi di colpa, di certo non permettono alla persona di sentirsi libera di esprimersi senza sentire il peso di un giudizio.
Sono passati secoli da quando il sesso veniva costantemente visto come qualcosa da reprimere, completamente slegato dal piacere; l’atto sessuale era e doveva essere finalizzato solo alla procreazione. Col passare del tempo le ricerche, i costumi, le credenze sono cambiate e hanno portato alla luce la motivazione che porta la persona alla ricerca dell’esperienza sessuale: il piacere, appunto. Basta pensare a quanto il piacere femminile ha dovuto subire in termini di considerazione ed interpretazioni: una volta veniva associato a qualcosa di deviante dalla norma, etichettato come isteria o parossismo isterico. Le repressioni, in particolare legate alla possibilità di conoscere l’apparato riproduttivo femminile, non hanno fatto altro che alimentare il tabù e lasciare quindi nell’ignoto cosa si nascondesse tra le gambe delle femmine.
Oggi, nell’era digitale, le informazioni viaggiano velocemente e sono a portata di click ma queste possono anche non essere corrette, quindi è facile cadere nelle false notizie e non avere gli strumenti per sapere dove e come attingere alle fonti attendibili. Tuttavia, sul piano dell’esperienza sessuale vissuta oggi, ci ritroviamo a che fare ancora con tabù, imbarazzi, disagi e timori.
Tra i diversi argomenti sulla sessualità che si reggono su convinzioni distorte vi è quello ormai annoso dell’orgasmo o, per meglio dire degli orgasmi. Fu Freud che nei suoi studi sulla sessualità distinse due tipologie di orgasmo nella donna: quello vaginale e quello clitorideo. Poi gli studi successivi di Masters e Johnson hanno rilevato le fasi del ciclo della risposta sessuale nell’uomo e nella donna fino ad arrivare al famoso punto G, tanto discusso e molto ricercato. È importante sfatare il mito del punto G poiché studi ormai consolidati hanno dimostrato che non si tratta di un punto unico ma di una intera zona detta CUV, complesso clitoro-uretro-vaginale che, se stimolata adeguatamente, porta a sensazioni di forte piacere e anche all’orgasmo. Essendo poi il clitoride l’unico organo del corpo femminile deputato al piacere, è la sua stimolazione diretta o indiretta che può procurare l’orgasmo. Tutte le altre sensazioni legate alla penetrazione possono sicuramente favorire un’esperienza di piacere ma spesso questa è confermata dalla stimolazione a volte inconsapevole proprio del clitoride durante la penetrazione.
Sarebbe fondamentale inoltre ripartire dalla conoscenza del proprio corpo, dall’osservazione e dall’ascolto fisico. Non è raro purtroppo scoprire che molte donne, anche in età avanzata, non abbiano mai nemmeno pensato di prendere uno specchio e osservare la propria vulva per capire come è fatta. Da lì, complice l’educazione ricevuta, la repressione e la negazione dell’atto masturbatorio da parte dei caregiver, è facile che si cresca con la convinzione che, ad esempio, “dal clitoride esce la pipì” o altre fantasie del genere.
Sul versante maschile invece, il tema che spesso emerge è quello della dimensione prestazionale e della performatività nell’atto sessuale. Focalizzare l’attenzione sulla modalità performativa dell’atto sessuale trascurando tutto il percorso che ha portato al rapporto può ostacolare il raggiungimento del piacere. Cosa si intende per dimensione prestazionale? Sicuramente l’intenzione di avere sempre una erezione pronta e duratura che possa soddisfare la partner ad ogni incontro sessuale. Spesso si ricercano le cause di una disfunzione sessuale maschile nello stress o in situazioni lavorative pressanti (che probabilmente contribuiscono) ma sarebbe utile ricordarsi che imparare ad uscire da una dimensione prestazionale può aiutare a vivere con più leggerezza e una buona dose di divertimento l’esperienza erotico-sessuale.
Ripartire da una comunicazione funzionale e costruttiva all’interno di una coppia o di una relazione erotico-sentimentale è un obiettivo su cui porre attenzione. La comunicazione per essere efficace dovrebbe tendere ad uno stile più vicino a quello assertivo, poiché permette alle persone di comunicare le proprie intenzioni, bisogni, esigenze senza ledere la propria e altrui dignità. Parlare, inoltre, di argomenti dell’ambito sessuale è un passaggio fondamentale nelle relazioni per imparare a liberarsi dai tabù e costruire insieme percorsi di condivisione e accoglienza sperimentando una sessualità libera e consapevole.