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Questo è il mio sangue – manifesto contro il tabù delle mestruazioni

Élise Thiébaut, 2018,  Einaudi.

Ho terminato da poco la lettura di questo saggio illuminante sul tabù delle mestruazioni: Questo è il mio sangue – manifesto contro il tabù delle mestruazioni della giornalista francese Élise Thiébaut.

Un libro necessario che, con taglio ironico e accattivante, ci accompagna in un appassionante viaggio alla scoperta di un fenomeno tanto naturale quanto lo sono mangiare, bere, dormire, fare l’amore: quello delle mestruazioni.

Definito come il manifesto della rivoluzione mestruale, questo libro, a parer mio, andrebbe fatto leggere sia a uomini che donne per poter comprendere meglio il peso storico-culturale che le donne da sempre hanno dovuto sopportare e che ancora oggi  spesso si portano dietro. L’autrice, attraverso il proprio racconto e attraverso un excursus che tocca la storia, la cultura, l’antropologia, le tradizioni religiose, le superstizioni, la medicina, la biologia e l’etologia affronta con chiarezza e scientificità i grandi tabù che ancora oggi rendono difficoltoso per alcune persone parlare di ciclo mestruale.

“… tra aprile 1975 e febbraio 2015, esclusi il periodo della gravidanza e i traccheggi della menopausa, [ho avuto] più o meno quattrocento cicli. Ovvero circa 2400 giorni caratterizzati dalla perdita di quello che viene chiamato sangue mestruale: un segno di ovulazione, e quindi di fertilità”.

Il libro è suddiviso in otto capitoli che trattano diversi aspetti legati al tabù delle mestruazioni. Si va dalle problematiche sull’educazione alla sessualità e alle informazioni sul menarca (spesso non date alle ragazze), fino ai pericoli connessi all’uso dei tamponi interni e pro e contro della coppetta mestruale.

Nel capitolo dal titolo “Coprite il sangue, non lo posso guardare”, si leggono importanti riflessioni come questa dell’artista e poetessa Rapi Kaur:

Perché abbiamo tanta paura di un processo naturale che ci permette di dare la vita? Perché ci affrettiamo a nascondere nella borsa i tamponi interni quando ci capita di tirarli fuori per sbaglio? Perché bisbigliamo “mestruazioni” quando siamo così pronti a gridare “troia”, “zoccola” e “puttana”? Quale di queste parole fa più male? Che cosa c’è di tanto vergognoso nel modo in cui funzionano i nostri corpi? La vista di corpi sessualizzati ci dà piacere, ma non appena posiamo lo sguardo su un’immagine che non soddisfa il nostro ego sessuale, ci sentiamo offesi. Sottolineare il fatto che la vagina possa essere usata per qualcos’altro che non sia il sesso rappresenta un attacco diretto alle nostre idilliache concezioni di un’identità femminile con la manicure”.

Attraverso queste parole ho trovato il tentativo reale di scardinare tabù e soprattutto stereotipi di genere che ancora oggi sono ben saldi nella struttura e nel pensiero di gran parte della società. A mio avviso è necessario ripartire dal coraggio di nominare le cose e comprendere la loro storia. Come ad esempio la storia dell’impresa condotta dalla musicista Kiran Gandhi, che nel 2015 ha corso la maratona di Londra all’età di ventisei anni,  il primo giorno di mestruazioni, senza utilizzare alcun tampone interno né un assorbente. Lei ha raccolto la sfida del suo ciclo mestruale, arrivato a sua insaputa il giorno della maratona, e in questo modo ha denunciato la stigmatizzazione di cui sono vittime le donne nel mondo. Con la sua decisione deliberatamente provocatoria: correre e lasciar correre. Stigmatizzazione per Kiran è “l’incapacità di parlare con chiarezza e disinvoltura del proprio corpo. È sentire il bisogno di scusarsi quando si parla di mestruazioni. È chiedere sottovoce a un’amica un assorbente invece di farlo apertamente, come faresti se ti servisse un cerotto. È mantenere il silenzio sui crampi intensi che hai invece di parlare francamente del dolore che provi, come se avessi mal di stomaco dopo aver mangiato cibo guasto”.

L’autrice prosegue nella disamina dei significati nascosti dietro a talune espressioni di uso comune utilizzate per definire il ciclo mestruale (le regole, le orse…) fino a dare informazioni su pro e contro l’uso della coppetta mestruale.

La lettura di questo libro certamente mi ha regalato la conferma che ripartire da un’educazione alle differenze sia il passo necessario per apportare nuove consapevolezze promuovendo il diritto all’autodeterminazione di tutte e tutti.

Dott. Davide Silvestri

 

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